Autore: Ing. Giancarlo Belloni
In questi giorni, da italiani, assistiamo con un pizzico di delusione alle regate della 37a edizione dell’America’s Cup tra Taihoro – Team New Zealand, che detiene la coppa dal 2021 (defender), e Britannia – Team UK, che ha assunto il ruolo di sfidante ufficiale (challenger) dopo aver battuto la nostra Luna Rossa nella finale della Louis Vuitton Cup a Barcellona. Dall’altro lato però siamo estremamente orgogliosi per la vittoria della squadra Luna Rossa alla prima America’s Cup femminile.
Anche chi non si occupa normalmente di vela, avrà senz’altro notato quanto queste barche siano diverse dalle comuni imbarcazione che ci può capitare di vedere in una gita al mare o al lago. Senza dubbio una delle differenze più significative è la presenza dei foil, quelle appendici mobili che, su ciascun lato dello scafo, possono essere immerse o ritratte dall’acqua e che consentono alla barca di volare, letteralmente. Entrando un po’ più nel dettaglio tecnico, superata una certa velocità, i foil generano una spinta idrodinamica che fa sollevare la barca al di sopra dell’acqua e che consente così di limitarne enormemente la resistenza all’avanzamento. Per queste barche, estremamente performanti, questo significa raggiungere velocità fino a quattro volte superiori alla velocità del vento. Secondo un dettaglio piuttosto curioso del protocollo, i sistemi di movimentazione e controllo dei foil sono stati realizzati, per tutti i team, dal defender, mentre i bracci mobili che reggono i foil sono stati forniti da Luna Rossa. Ciascun team ha invece avuto carta bianca per realizzare i foil stessi.
L’uso dei foil non è affatto nuovo in sé, anzi ha goduto di una certa notorietà dalla metà del secolo scorso, soprattutto nell’ambito dei traghetti veloci, detti aliscafi o – appunto – hydrofoil in inglese. Per quanto riguarda nello specifico l’America’s Cup, i foil hanno fatto il loro debutto nel corso della 34a edizione (2013) quando a contendersi il trofeo erano dei catamarani ad ala rigida. La stessa tipologia di barca, a seguito di una opportuna riduzione delle dimensioni e quindi dei costi, è stata adottata anche nella successiva edizione del 2017. La struttura stessa del catamarano consentiva un’applicazione relativamente semplice di questo concetto, in cui ciascuno dei due scafi reggeva un proprio foil mobile, che risultava nel complesso quasi nascosto all’occhio non particolarmente attento.
È con il ritorno ai monoscafi, nella 36a edizione della coppa (2021) che i foil assumono tutt’altra evidenza, caratterizzando in modo unico le barche (AC75) anche agli occhi del grande pubblico. Infatti, anche semplicemente guardando la barca ferma, non serve essere uno specialista per notare quei due bracci mobili che terminano in altrettante appendici a T.
A questo proposito è bene ricordare che nel 2020, in vista dell’approssimarsi delle regate, l’organizzazione della coppa deve aver vissuto qualche momento di difficoltà quando un ingegnere navale brasiliano, tal Manoel Francisco Cortes Chaves, ha resi noti i propri diritti sulla soluzione del monoscafo con i due foil mobili laterali. Tale soluzione costituisce infatti l’oggetto della domanda di brevetto internazionale PCT WO 2017/083947, basata su una precedente domanda di brevetto brasiliana del 2015, dalla quale Chaves ha debitamente derivato un brevetto nazionale neozelandese, consolidando così i propri diritti nel Golfo di Hauraki, di fronte a Auckland, sede designata delle regate.
Un figura tratta dal brevetto di Chaves
Come sia andata a finire la disputa tra Chaves e l’America’s Cup non è dato sapere, poiché la rete non sembra riportare notizie a riguardo. Quello che possiamo immaginare è che l’organizzazione della competizione sia riuscita in qualche modo a liberarsi le mani, poiché nell’attuale edizione le barche hanno mantenuto e sviluppato la stessa identica soluzione di allora. Quanto a Chaves non abbiamo alcuna notizia, se non che ha rinunciato alla protezione della sua invenzione negli Stati Uniti, abbandonando la relativa domanda di brevetto. Questo abbandono potrebbe voler dire che Chaves si è scoraggiato al punto di rinunciare alla difesa dei propri diritti. Tuttavia a noi piace pensare che – al contrario – Chaves abbia trovato un accordo talmente vantaggioso per sé da potersi ritenere definitivamente soddisfatto e da rendere superfluo il brevetto negli USA!