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Tribunale UE e marchi: il rifiuto dello slogan politico Ucraino

Autore: D.ssa Manuela Ferrario

Nella sentenza del 13 novembre 2024 relativa al caso T-82/24, il Tribunale dell’Unione Europea ha confermato il rifiuto per carenza di capacità distintiva della domanda di marchio figurativo sotto rappresentato, richiedente protezione per prodotti e servizi ricompresi nelle classi 9, 14, 16, 18, 25, 28 e 41: 

Background 

Nel dicembre 2022, l’esaminatore EUIPO aveva rifiutato la domanda di marchio citata sulla base del combinato disposto dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera f) RMUE e dell’articolo 7, paragrafo 2 RMUE, ritenendo dunque che la domanda non fosse registrabile in quanto contraria all’ordine pubblico e al buon costume. 

La ricorrente, Administration of the State Border Guard Service of Ukraine (Amministrazione della guardia di frontiera dell’Ucraina), ha proposto ricorso avverso la decisione. 

Nel dicembre 2023, la Commissione di Ricorso ha respinto il ricorso sulla base dell’assenza di capacità distintiva del marchio (articolo 7, paragrafo 1, lettera b) RMUE). 

La sentenza del Tribunale 

A seguito di ulteriore ricorso al Tribunale, lo stesso si è pronunciato nel medesimo senso dei suoi predecessori, rifiutando la registrazione del marchio il cui messaggio principale è di natura politica, sulla base del principio generale secondo cui il pubblico di riferimento è poco attento nei confronti di un segno che non gli fornisce immediatamente un’indicazione sulla provenienza dei prodotti e dei servizi, dato che non lo percepisce né lo memorizza come marchio (si veda, sul punto, la giurisprudenza in tema di slogan promozionali del Tribunale UE del 05/12/2002, T- 130/01, Real People, Real Solutions, EU:T:2002 :301 e del 11/12/2012, T-22/12, Qualität hat Zukunft, EU:T:2012 :663). 

La ricorrente ha invano cercato di dimostrare che la frase inclusa nel segno depositato fosse sufficientemente originale, distintiva e ricollegabile ad una data entità individuabile dal consumatore di riferimento. Si tratta, infatti, di un grido di guerra emesso da una guardia di frontiera ucraina sull’Isola dei serpenti (Snake Island) il 24 febbraio 2022, primo giorno dell’invasione russa su larga scala dell’Ucraina. 

A detta della ricorrente, il consumatore medio europeo non capirebbe il significato delle espressioni in lingua straniera e non avrebbe neppure avuto occasione di sentirle prima del deposito del marchio. Inoltre, in quanto slogan politico fortemente simbolico, sarebbe associabile con particolare immediatezza solamente allo Stato ucraino. Peraltro, la ricorrente ha sostenuto che, nel caso di marchi composti da slogan politici, l’identità del richiedente possa essere presa in considerazione nell’ambito della valutazione del carattere distintivo.  

Tuttavia, il Tribunale ha ritenuto che proprio il rilevante simbolismo della frase portasse il pubblico di riferimento a percepire solo il messaggio politico senza memorizzare né il segno in quanto marchio né l’indicazione dell’origine commerciale dei prodotti e servizi rivendicati.  

In quanto slogan politico, utilizzato ripetutamente per testimoniare sostegno all’Ucraina, la frase oggetto del segno è rapidamente divenuta un simbolo della lotta ai soprusi russi, percepita nel suo puro e unico messaggio promozionale finalizzato a persuadere il pubblico. 

Quanto alla questione linguistica, la frase in russo verrebbe compresa dal pubblico russofono dell’Unione europea, mentre la frase in inglese avrebbe un target ben più ampio in quanto i termini di cui è composta sono parole facenti parte del vocabolario di base. 

Risulta dunque evidente che l’utilizzo in un contesto non commerciale ha creato un legame indissolubile tra tale contesto e le recenti vicende storiche – ben note al consumatore medio dell’Unione – in cui la frase è stata pronunciata. Un segno creatosi in un contesto simile può generalmente acquisire distintività come marchio solamente se i consumatori hanno poi avuto la possibilità di incontrare tale marchio in un ambito prettamente commerciale (lo stesso principio è stato in passato affermato dalla decisione della Commissione di ricorso allargata del 30/01/2019, R 958/2017- G, BREXIT (fig.), § 50-53). 

Ciò non implica necessariamente che uno slogan politico sia sempre privo di distintività, ma ciascun segno deve essere attentamente valutato secondo le circostanze del caso concreto per verificare la sussistenza dei requisiti minimi di registrabilità. 

Il Tribunale non ha dunque errato nel considerare il segno privo di capacità distintiva. 

A margine, vale la pena segnalare un ulteriore principio ribadito dalla presente sentenza, secondo il quale la Commissione di ricorso, all’interno dell’ampio potere discrezionale di cui è dotata, ha la facoltà di invocare un impedimento alla registrazione diverso da quello utilizzato dall’esaminatore di prima istanza. 

Infatti, dal momento che la Commissione di ricorso può procedere ad un nuovo esame completo della domanda, può dunque valutare di richiamare gli impedimenti che ritiene maggiormente rilevanti, a prescindere dai ragionamenti svolti dall’esaminatore.  

L’unica condizione che deve essere rispettata, ai fini di una corretta applicazione della legge, è assicurarsi che il richiedente possa esercitare il proprio diritto ad essere ascoltato. È dunque fondamentale che il richiedente, prima dell’emissione della decisione, venga informato delle nuove valutazioni della Commissione e possa presentare osservazioni in merito. 

Ecco dunque il motivo per cui un marchio rifiutato in prima battuta per contrarietà all’ordine pubblico e al buon costume, dopo due ulteriori gradi di giudizio è stato definitivamente rifiutato per un motivo diverso, cioè la carenza di capacità distintiva.  

In conclusione, il caso presente è risultato interessante sia dal punto di vista della valutazione della distintività degli slogan politici, sia perché ha permesso di approfondire aspetti procedurali che spesso vengono tralasciati. 

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