Tutela delle DOP in UE: Questione di forma e di sostanza
Premessa
Secondo Coldiretti, nella classifica dei prodotti più contraffatti del nostro settore agroalimentare risultano esserci i vini a partire dal Prosecco e Amarone, seguiti al secondo posto dai formaggi a partire dal Parmigiano Reggiano e Grana Padano. Sempre Coldiretti segnala che la contraffazione avviene soprattutto in Paesi emergenti o nei più ricchi dalla Cina all’ Australia, dal Sud America agli Stati Uniti ma esempi clamorosi si trovano anche in Europa.
Due importanti decisioni emesse a livello europeo a distanza di pochi mesi, la prima del 17 dicembre 2020 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella causa C-490/19 relativa al caso del formaggio “Morbier” e la seconda del 14 aprile 2021 del Tribunale UE nella causa T‑201/20 relativa al caso del “Gallo nero simbolo storico del vino del Chianti Classico”, confermano l’importanza e l’estensione della tutela riconosciuta alle DOP da parte dell’Unione Europea e costituiscono precedenti importanti per la tutela dei nostri prodotti di eccellenza del comparto agroalimentare e vitivinicolo all’interno almeno dei confini europei.
- Sentenza CGUE nella causa C-490/19 “Morbier” DOP
Secondo la descrizione del prodotto contenuta nel disciplinare, fornita dal regolamento di esecuzione (UE) n. 1128/2013 della Commissione, del 7 novembre 2013, “il “Morbier” è un formaggio prodotto con latte crudo vaccino, a pasta pressata, non cotta, di forma cilindrica piatta a facce piane e scalzo lievemente convesso, con diametro da 30 a 40 cm, altezza da 5 a 8 cm e peso da 5 a 8 kg. Esso presenta al centro una striscia nera orizzontale, unita e continua lungo tutto il taglio. La crosta è naturale, strofinata, di aspetto regolare, ammuffita, segnata dalla trama dello stampo, di un colore che va dal beige all’arancione, con sfumature aranciate tendenti al marrone, al rosso e al rosa. La pasta è omogenea, di un colore che va dall’avorio al giallo pallido e presenta spesso un’occhiatura sparsa del diametro di un ribes o bollicine appiattite.”
Il formaggio Morbier gode di una denominazione d’origine protetta dal 2000.
Nel 2013 l’associazione per la tutela del formaggio Morbier ha citato in giudizio dinanzi al Tribunale di primo grado di Parigi, la società francese produttrice del formaggio “Montboissié du Haut Livradois”, contestando il fatto di arrecare danno alla denominazione protetta e di commettere atti di concorrenza sleale e parassitaria, producendo e commercializzando un formaggio che riprende l’aspetto visivo del prodotto protetto dalla DOP «Morbier», al fine di creare confusione con quest’ultimo e di sfruttare la notorietà dell’immagine ad esso associata, senza doversi conformare al disciplinare della denominazione d’origine.
Le richieste dell’associazione per la tutela della DOP sono state respinte con sentenza del 14 aprile 2016, confermata dalla Corte d’appello di Parigi con sentenza del 16 giugno 2017. Quest’ultima ha dichiarato che non costituiva un illecito la commercializzazione di un formaggio che presentava una o più caratteristiche contenute nel disciplinare del formaggio Morbier e che si avvicinava quindi a quest’ultimo.
In terzo grado, la Corte di Cassazione francese si è rivolta alla Corte Europea per un parere sull’interpretazione dell’art. 13 paragrafo 1 lettera d) del Regolamento n. 510/2006 (relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine) e dell’art. 13 paragrafo 1 lettera d) del Regolamento n. 1151/2012 (sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari) debbano essere interpretati nel senso che essi vietano solo l’uso, da parte di un terzo, della denominazione registrata o se debbano essere interpretati nel senso che essi vietano anche la presentazione di un prodotto che possa indurre in errore il consumatore sulla sua vera origine, anche qualora la denominazione registrata non venga utilizzata da un terzo, qualora possa indurre in errore il consumatore sulla vera origine del prodotto.
Con sentenza del 17 dicembre 2020, la Quinta Sezione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha ribadito che:
- l’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 510/2006 del Consiglio, del 20 marzo 2006, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli e alimentari, e l’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1151/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 novembre 2012, sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari, devono essere interpretati nel senso che essi non vietano solo l’uso, da parte di un terzo, della denominazione registrata.
- L’articolo 13, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 510/2006 e l’articolo 13, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1151/2012 devono essere interpretati nel senso che essi vietano la riproduzione della forma o dell’aspetto che caratterizzano un prodotto oggetto di una denominazione registrata, qualora questa riproduzione possa indurre il consumatore a credere che il prodotto di cui trattasi sia oggetto di tale denominazione registrata. Occorre valutare se detta riproduzione possa indurre in errore il consumatore europeo, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, tenendo conto di tutti i fattori rilevanti nel caso di specie.
Pertanto sono vietate, oltre che l’utilizzo non autorizzato del marchio DOP, anche la riproduzione della forma o dell’aspetto che caratterizzano un prodotto oggetto di una DOP, intendendo anche come modalità di presentazione al pubblico e di commercializzazione dei prodotti in questione, qualora essa possa indurre in errore il consumatore europeo normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto.
- Sentenza TUE nella causa T‑201/20 “Gallo nero” del Chianti Classico DOCG
Il simbolo del Gallo nero è collegato al territorio di produzione del vino Chianti Classico dal quattordicesimo secolo e viene scelta nel 1384 come simbolo dalla Lega del Chianti, un’alleanza politico militare creata dalla Repubblica di Firenze con la missione di difendere e amministrare il territorio del Chianti. Come si può leggere nel sito del Consorzio del Chianti Classico, quando nel 1924 viene costituito il Consorzio di produttori vitivinicoli (oggi Consorzio Vino Chianti Classico) “per la difesa del vino tipico del Chianti e della sua marca di origine” viene scelto come simbolo proprio il Gallo Nero e nel 2005 diventare il simbolo che rappresenta tutti i vini della denominazione Chianti Classico.
Il 21 settembre 2017 la società Berebene Srl ha presentato una domanda di registrazione di marchio dell’Unione Europea all’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale (EUIPO) per un’immagine simile a quella del Gallo nero simbolo della denominazione Chianti Classico per “bevande alcoliche (escluse birre)”.
Il 21 dicembre 2017 il Consorzio vino Chianti Classico ha presentato opposizione alla registrazione sulla base del proprio marchio collettivo italiano figurativo raffigurante il “Gallo Nero” per vini della classe 33.
Con decisione del 18 gennaio 2019, la divisione di opposizione ha accolto l’opposizione contro la quale la società Berebene Srl ha successivamente presentato ricorso all’EUIPO.
Con decisione del 23 gennaio 2020, la prima Commissione di Ricorso dell’EUIPO ha respinto il ricorso sulla base dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 2017/1001. Successivamente dalla Commissione di Ricorso dell’EUIPO, il procedimento è proseguito davanti al Tribunale UE, che ha confermato la decisione della Commissione e respinto il marchio proposto, affermando in particolare che “Nel caso di specie, si deve osservare che, vista l’elevata notorietà e il carattere distintivo intrinseco del marchio anteriore, il fatto di utilizzare un segno avente una certa somiglianza con il marchio anteriore per prodotti identici a quelli designati da quest’ultimo presenta un rischio non ipotetico che il pubblico di riferimento stabilisca un nesso tra i marchi associando l’immagine del gallo del marchio richiesto ai prodotti dell’interveniente, di modo che l’uso del marchio richiesto possa trarre un vantaggio indebito dalla notorietà, dal prestigio e dall’eccellenza proiettata dal marchio anteriore, il che rischia di dar luogo a un vantaggio indebito risultante dagli sforzi commerciali dell’interveniente per lo sviluppo del suo marchio. Di conseguenza, la commissione di ricorso non ha errato nel concludere che l’uso del marchio richiesto poteva dar luogo ad un indebito vantaggio a favore della ricorrente.”
Conclusione
Le decisioni che precedono sono particolarmente importanti per il nostro Paese in quanto l’Italia ha il numero maggiore di prodotti DOP, IGP e STG tutelati a livello europeo ma è anche tra le nazioni più colpite nel mondo dalla falsificazione attraverso il fenomeno del cosiddetto Italian Sounding.
Secondo i dati di Coldiretti le imitazioni dei prodotti agroalimentari made in Italy hanno superato il valore di 100 miliardi nell’anno del Covid. In particolare, sulla sentenza del Gallo nero del vino Chianti Classico, la Coldiretti ha commentato che “viene così sventato l’ennesimo tentativo di appropriarsi indebitamente di marchi storici nazionali il cui prestigio è stato costruito dal lavoro di intere generazioni. La pretesa di utilizzare gli stessi simboli per prodotti profondamente diversi è inaccettabile e rappresenta un inganno per i consumatori ed una concorrenza sleale nei confronti degli imprenditori. Nel mondo si stima che più due prodotti agroalimentari made in Italy su tre siano falsi senza alcun legame produttivo ed occupazionale con il nostro Paese.”
© THINX Srl – Aprile 2021