Da un anno a questa parte l’acronimo NFT – Non Fungible Token – si è imposto sulla scena del cosiddetto Web3 – ossia, la nuova evoluzione di Internet, basata sulla tecnologia di blockchain.
Sebbene, il concepimento risalga al 2014, gli NFT sono diventati famosi al pubblico più ampio solo un anno fa, quando l’11 marzo 2021 l’artista digitale Mike Winkelmann – meglio noto come “Beeple” – vendette un NFT per 69 Milioni di dollari.
Da allora, i volumi di acquisto e scambio di NFT di arte digitale e immagini collezionabili sono cresciuti enormemente, tanto da far ricordare la seicentesca bolla dei tulipani, e sono stati accompagnati da una buona quantità di truffe.
In effetti, a partire da metà febbraio 2022 il volume di scambi di NFT si è attenuato sensibilmente rispetto alle cifre astronomiche registrate a gennaio 2022, ma comunque l’andamento del volume di scambi mostra che l’interesse rimane piuttosto alto. Probabilmente, l’entusiasmo di gennaio si è smorzato sulla coda del periodo di alta volatilità generalizzato delle cripto-valute, della crisi energetica e della situazione geopolitica attuale con l’invasione dell’Ucraina e le conseguenti sanzioni applicate alla Russia.
Ma cos’è un in fin dei conti NFT?
Sebbene sia spesso associato a un’immagine, un NFT non è un’immagine digitale né un altro file multimediale.
Al contrario, un NFT è più simile a una ricevuta, un documento che attesta un bene è di chi possiede l’NFT.
Se vogliamo definirlo con un po’ di buzzword, un NFT è una proof of ownership generata per mezzo di uno smart contract registrato in un blocco di una blockchain.
Chiaro no?
Cercando di spiegare in modo un po’ più chiaro, ma senza esagerare con i tecnicismi, un NFT è un’unità di dati creata da un software – chiamato smart contract – che opera direttamente su una blockchain – la quale deve supportare gli smart contract, per esempio le blockchain Ethereum o Solana.
Una volta creato l’NFT contiene un codice identificativo che permette di distinguerlo da qualsiasi altro NFT e un codice identificativo del suo possessore, o meglio di un suo portafoglio virtuale – o wallet. L’NFT, una volta creato, non è sostanzialmente alterabile in quanto registrato sulla blockchain e può passare di mano solo attraverso transazioni registrate sulla blockchain stessa.
Gli NFT sono definiti non fungibili perché, a differenza di due banconote reali o due “monete digitali” (come i bitcoin, ecc.) che sono tra loro equivalenti e quindi intercambiabili – ossia fungibili – ogni NFT è creato in modo da essere differente da ogni altro NFT e quindi non intercambiabili – ossia, non fungibili.
Oltre al suo codice identificativo, un NFT contiene dati aggiuntivi, o metadati, nei quali è indicato il bene di cui l’NFT certifica l’autenticità o il possesso. Tuttavia, lo spazio dedicato ai metadati è troppo ridotto per contenere un’immagine digitale o un altro documento.
Per questo, per esempio nel caso di immagini o contenuti digitali, l’immagine o il contenuto digitale di cui l’NFT attesta il possesso è memorizzato su un server o in una rete peer-to-peer (per esempio IPFS), mentre i metadati contengono semplicemente l’indirizzo a cui reperire l’immagine o il contenuto digitale e una riga di descrizione del bene.
Quindi, gli NFT non sono limitati al solo settore dell’arte digitale.
Per esempio, restando nel settore dell’informatica, gli NFT sono stati usati per creare elementi personalizzati unici per ciascun giocatore in diversi videogiochi. In modo simile, gli NFT sono usati nel “metaverso” per rappresentare beni digitali che possono variare da “appezzamenti di terreno virtuale” (Vedi la Pavia virtuale basata sulla blockchain Cardano https://www.pavia.io) a capi d’abbigliamento e accessori virtuali.
In misura minore gli NFT sono stati proposti anche come un certificato di autenticità per beni materiali dall’abbigliamento ai prodotti alimentari.
A proposito di Brevetti
Una rapida ricerca del termine “Non Fungible Token” sui motori di ricerca brevettuali Espacenet o Google Patents restituisce intorno ai 300 titoli.
Probabilmente, il brevetto più famoso sugli NFT è il brevetto statunitense US 10,505,726 rilasciato a Nike e associato al progetto “Cryptokicks“. Questo brevetto tutela una procedura che genera un NFT per la certificazione di autenticità per ciascun paio di scarpe vendute a garanzia di unicità. Inoltre, un’immagine digitale della scarpa è associata all’NFT, aprendo la strada a una raccolta di immagini collezionabili.
Nel prossimo futuro, è facile prevedere che il numero di titoli brevettuali a tema NFT sia destinato a crescere in modo sostanziale nei prossimi mesi, a mano a mano che saranno resi pubblici le varie domande di brevetto che saranno state depositate negli ultimi 18 mesi a seguito dell’interesse e del mercato che si è creato intorno agli NFT.
Più in generale, gli NFT si prestano ad applicazioni che hanno i requisiti delle computer implemented inventions e quindi potenzialmente brevettabili. Inoltre, l’intero “ecosistema” degli NFT ha mostrato diversi problemi non risolti. Per esempio, un problema importante nel caso di asset digitali è la corruzione dei collegamenti ipertestuali (link rot) registrati negli NFT. Questi indirizzi non sono più modificabili una volta che l’NFT è creato; se l’asset digitale è spostato, rimosso o è sostituito la validità dell’NFT diventa piuttosto discutibile.
In conclusione, potenzialmente gli NFT non sono relegati a essere meri strumenti di speculazione, ma presentano diverse potenzialità legate alla digitalizzazione dei servizi e alla certificazione di prodotti. Inoltre, sia l’aspetto di creazione degli NFT sia l’aspetto di gestione degli NFT presentano ampi margini per soluzioni migliorative.
Disclaimer: Nessuna delle informazioni sopra riportate è da intendersi come un consiglio finanziario.
Disclosure: L’autore non possiede alcun NFT.
© THINX Srl – Maggio 2022